Quando si decide di fare un’esperienza lavorativa all’estero bisogna essere pronti anche ad affrontare situazioni scomode che possono presentarsi e, in un periodo storico come quello che stiamo vivendo, la più probabile delle ipotesi è quella di ritrovarsi positivi al Covid e lontani da casa!
Siamo partiti per Malta a maggio 2021 e avevamo scelto quest’isola perché la situazione Covid in quel periodo era molto tranquilla e di facile controllo visto il numero di abitanti. Comunque, sapevamo che il virus era ancora in agguato e che avremmo rischiato di risultare positivi, allo stesso modo di come sarebbe potuto succedere se fossimo restati in Italia o quando eravamo in Inghilterra.
Alla fine, a luglio 2021 i casi positivi a Malta salirono notevolmente e malgrado abbiamo sempre cercato di stare attenti, uno di noi due è risultato positivo!
Sai qual è stata la parte peggiore? Che solo uno dei due era positivo! Indovina chi?
La risposta è…
Beatrice!
Facci sapere se hai indovinato, nel frattempo lei ti racconterà com’è stato.

Voglio iniziare aprendo una parentesi: in quel momento purtroppo mi sono anche sentita dire che l’essermi presa il covid è stata una “conseguenza naturale” di essere andata all’estero durante la pandemia, come se rimanendo in Italia non avrei potuto prenderlo lo stesso; ma malgrado il Covid, la vita per me non era finita, anzi, stava appena iniziando!
Anche se è vero che almeno ero all’estero, comunque non ti nascondo che non è stato facile.
Infatti, una delle cose che più non sopporto quando viaggio è curarmi in un posto che non conosco. Sono onesta, è una cosa che non mi piace, ma comunque fa parte del gioco. Quindi, quando ho scoperto di essere positiva, mi è subito salita l’ansia perché non sapevo cosa avrei dovuto fare per curarmi nel paese straniero che mi stava ospitando, con regole e procedure diverse da quelle alle quali ero abituata in Italia.
Per fortuna, Jacopo non è mai risultato positivo (meglio, cosi cucinava e sistemava lui!) e io mi sono ritrovata chiusa in camera in quarantena da sola. Con il passare dei giorni scopro, chiaramente, come funzionava il tutto: la sanità maltese mi ha praticamente ‘subissato’ di chiamate per sapere tutti i miei spostamenti, dove lavoravo, con quali persone ero entrata in contatto ecc.
Per cui, i primi giorni mi sono tranquillizzata pensando che non avrei dovuto fare nulla a parte aspettare le loro chiamate.
Purtroppo, o per fortuna, le cose non sono mai così facili.
Ad esempio, sono riuscita a parlare con un dottore di alcuni dolori che avevo, nonostante non sapessi se dovevo cercarmi da sola un medico di base oppure chiamare l’ospedale, semplicemente chiamando le linee dedicate all’assistenza per i positivi in quarantena. Ovviamente, tutto ciò in lingua inglese, che per me non era un problema, ma per altri potrebbe risultare essere un ostacolo (quindi mi raccomando impara l’inglese!)
D’altra parte, però, tenere sotto controllo tutta la situazione e ottenere i documenti necessari per il nostro lavoro non è stato altrettanto semplice e ci è costato abbastanza fatica e tanta pazienza (che non credevamo di avere).
Alla fine però l’agitazione dei primi giorni quando non sapevo cosa fare iniziò a sparire e non ho fatto altro che stare in camera a guardare serie TV e a mangiare cose di cui non sentivo il sapore!
E qui tocchiamo un altro tasto.
Fare la quarantena, stare male e avere la febbre non solo in un paese che “non è il tuo”, ma anche in una camera “che non senti tua” per 14 giorni è stata per me una sensazione strana. Da una parte ero felice di essermi presa il Covid lontana dalla mia famiglia, cosi non avrei contagiato nessuno di loro, dall’altra però il conforto di casa mia ero certa mi avrebbe fatto bene.
Nella mia stanza a Malta non ho altro che pc e vestiti, quindi nessuna distrazione che invece avevo nella mia camera a casa in Italia che mi avrebbe potuta aiutare ad occupare più il tempo.
Nonostante ciò, avevo Jacopo che cucinava sempre e si prendeva cura di me, facendomi sempre la spremuta di arance la mattina e il porridge. Detto tra me e te, credo mi piacesse la sua versione solo perché non avevo più i sapori!

Per fartela breve, essermi presa il Covid in un paese estero non mi ha fatto cambiare idea riguardo quello che penso sul viaggiare, non mi ha spaventata, non la vedo come una punizione, ma come una cosa che succede a chi sceglie di vivere veramente la vita e di non restare a casa per “la paura di”.
Quindi, come dico sempre, per me è importante avere storie da raccontare e dire di conoscere un posto nei suoi lati belli e meno belli, aspetti che funzionano altri che invece ti fanno impazzire per quanto sono poco organizzati, ma va bene lo stesso.
Viaggiare è così e non voglio rinunciarci.
Se ti trovi all’estero in una situazione di disagio, qualsiasi essa sia, e non sai come uscirne, non vergognarti di fare domande a quante più persone possibili chiedendo informazioni. Ricordati sempre di quei gruppi Facebook della comunità italiana, a volte vengono condivise informazioni poco attendibili, ma altre volte invece risultano essere dei buoni canali d’informazione.
PS. Lascia stare l’ansia e la vergogna, quelle non hanno mai aiutato nessuno.
Andare all’estero ti insegna a cavartela da solo, dopotutto non hai mamma alla quale chiedere consiglio o alla quale chiedere di parlare con il dottore per conto tuo; puoi contare solo sulle tue forze e questo inevitabilmente ti fa crescere.